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venerdì 6 marzo 2015

MICROCLIMA: CHE ARIA TIRA?





In ambienti moderati (per intenderci scuole, uffici, negozi…) non esistono gravi rischi per la salute legati al microclima, ma la normativa comunque ci obbliga a garantire confort ai lavoratori.
La norma tecnica prevede calcoli complessi per la quantificazione del confort microclimatico, ma a noi interessa semplificarci la vita e quindi cerchiamo sostituire i conteggi con alcune semplici considerazioni.

Sappiamo che il disconfort è collegabile al riscaldamento o raffreddamento del corpo umano e la principale causa  è rappresentata dalle correnti d’aria. Quindi, se riusciamo a limitarle, abbiamo risolto molti dei nostri problemi.

Poi abbiamo gli sbalzi termici elevati, ii quali sono naturalmente possibili sia in inverno che in estate.
Le situazioni più critiche si presentano pertanto in corrispondenza di condizioni estive estreme nelle quali non è difficile creare differenziali dell’ordine di 10 ÷ 15°C fra interno ed esterno, che possono preludere a danni per la salute.  
Di conseguenza, si raccomanda di predisporre una zona di transizione non condizionata, anche se di dimensioni limitate, nella quale mantenere condizioni termiche intermedie fra quelle esterne e quelle interne per permettere l’acclimatamento prima di entrare/uscire dal locale.   
Qualora fosse oggettivamente impossibile ricavare questa zona, sarebbe meglio aumentare la temperatura interna nei giorni estivi più caldi, in modo da non esasperare la differenza esterno– interno (ma non superate mai i 26°C!)

Oltre al confort termico, quando si parla di microclima si parla anche di “aria indoor”.
L “aria indoor” è caratterizzata dalla presenza di sostanze di varia natura che provengono sia dall’interno delle costruzioni (originati dalla stessa presenza umana o da emissioni di materiali e attività) che dall’esterno, dove è presente inquinamento (cioè se lavorate in una baita di montagna non considerate questo aspetto).
La qualità dell’aria indoor ha visto nel corso degli anni un progressivo aumento, sia in numero che in concentrazione, di sostanze inquinanti aerodisperse con relative ricadute negative per gli effetti sulla salute.
Tali mutamenti sono da attribuire a due ordini di motivi: uno di tipo “politico” ed uno di tipo “strutturale
Il primo motivo è da attribuire alla emanazione di legge che, per sopravvenute priorità di risparmio energetico, ha indotto ad adottare scelte costruttive che limitando gli scambi termici verso l’esterno riducono anche i ricambi d’aria.   
Il secondo motivo è da attribuire all’utilizzo di nuovi materiali per l'edilizia e per gli arredi, incremento del ricircolo dell’aria nel condizionamento per recuperare una quota parte dell’energia termica.
Non dimentichiamoci che anche le persone inquinano, tramite respirazione e, dove è permesso, il fumo della sigaretta.
Possibili fattori di rischio dell’inquinamento indoor sono da ricercare negli agenti biologici (funghi, muffa) , microclima  (limitazione del ricambio d’aria e ventilazione ),sostanze chimiche (formaldeide, CO,CO2,VOC) emesse da suppellettili, macchine, radon (in caso di attività a livello strada o, peggio, al seminterrato).

Facciamo una carrellata veloce delle sindromi più diffuse e le patologie ad esse collegabili.

Building Related Illness (BRI) o “Malattia correlata all’edificio”
Fra le patologie appartenenti a questo gruppo si ricordano: alveoliti allergiche estrinseche, infezioni da virus e funghi, asma bronchiale, febbre da umidificatori, febbre di Pontiac e legionellosi. 
Le patologie appartenenti a questo gruppo sono caratterizzate da una bassa incidenza fra gli occupanti, la patogenesi è di tipo allergico o tossico-infettivo.

Sick Building Syndrome  (SBS) o “Sindrome dell’edificio malato”
Quadro patologico caratterizzato da disturbi plurisintomatici, aspecifici, di tipo prevalentemente irritativo a carico delle mucose delle congiuntive e delle prime vie aeree e da manifestazioni riguardanti l'apparato respiratorio, digerente, cardiovascolare, osteomuscolare, nervoso e cutaneo. Causalità incerta, importanza del ricambio d’aria

Multiple Chemical Sensitivity (MCS) o “Sindrome da sensibilità chimica multipla”
Incerta natura e controversa, forse caratterizzata da ipotizzate reazioni negative  ad agenti chimici ed ambientali presenti a concentrazioni generalmente tollerate dalla maggioranza dei soggetti. I sintomi sono numerosi e più o meno intensi, riguardano prevalentemente il sistema nervoso centrale con insonnia o sonnolenza, difficoltà di concentrazione, stanchezza eccessiva, depressione, ansia.
Qualora vengano lamentati disturbi che suggeriscono la presenza di una SBS o BRI occorre provvedere ad una valutazione della qualità dell'aria integrata, per quanto possibile, da controlli sanitari mirati.

AERAZIONE NATURALE
Gli scambi d’aria tra il luogo di lavoro o abitativo e l’ambiente circostante concorre al mantenimento di una buona qualità dell’aria indoor poiché controlla il valore di umidità relativa, riducendo la formazione di condensa del vapore d’acqua sulle pareti e quindi il rischio della formazione di colonie batteriche; favorire gli scambi convettivi ed evaporativi e quindi permettere una migliore termoregolazione corporea negli ambienti caldi.
Una qualità accettabile dell’aria interna deve essere ottenuta in primo luogo attraverso l’aerazione naturale e i sistemi di aerazione meccanica vanno adottati non in sostituzione, ma come integrazione (ricordo che gli impianti di ventilazione forzata devono essere oggetto di regolare verifica e manutenzione)

La ventilazione forzata è il sistema meno sicuro per assicurare la salubrità dell’aria in un edificio: infatti è sufficiente che in un solo ambiente si realizzi un inquinamento di qualsivoglia natura (chimico, batteriologico o virale) che la contaminazione si diffonda, anche se diluita, in tutti i locali. 

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