È stato stimato che nell’Unione europea
circa 7.300 adulti, di cui 2.800 non fumatori, sono deceduti nel 2002 a seguito
dell’esposizione al fumo di tabacco presente negli ambienti di lavoro; per i
lavoratori del settore della ristorazione che lavoravano in locali in cui era
possibile fumare, il rischio di carcinoma polmonare risultava superiore del 50%
rispetto ai lavoratori che non erano esposti.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) il controllo del fumo di tabacco è il più
importante intervento che un paese possa promuovere per migliorare al tempo
stesso la salute dei propri cittadini e i conti della spesa sanitaria ed è considerato una
priorità a causa dei dati d’incidenza delle patologie fumo-correlate. Già il
Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 aveva incluso il fumo tra i parametri di
rischio delle grandi patologie (tumori, malattie cardiovascolari, diabete e
malattie respiratorie) individuando lo sviluppo di programmi multisettoriali di
contrasto al tabagismo, in linea con le indicazioni dell’OMS e dell’Unione
Europea, che auspicavano la prevenzione del fumo tra i giovani, il sostegno
alle politiche di tutela dal fumo passivo e il supporto alla disassuefazione.
In coerenza con il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018, la
realizzazione di ambienti di lavoro liberi dal fumo risponde agli obiettivi di
trasversalità degli interventi tra i diversi settori, istituzioni, servizi,
aree organizzative, anche in considerazione dell’individuo e della popolazione
in rapporto al proprio ambiente, e rientra tra le azioni e strategie evidence
based determinando minor consumo di sigarette tra i fumatori e riducendo la
prevalenza dei fumatori e dei sintomi respiratori tra i lavoratori. Inoltre,
anche negli ambienti di lavoro è possibile promuovere azioni di sostegno e di
monitoraggio per l’applicazione dell’art. 51 della L. 3/2003,
attraverso una costante informazione accompagnata da interventi
educativi/dissuasivi rivolti ai fumatori.
Il fumo passivo è stato classificato come agente
cancerogeno noto per l’uomo dall’Agenzia per la protezione
dell’ambiente degli Stati Uniti nel 1993, dal Dipartimento della sanità e i
servizi sociali degli Stati Uniti nel 2000 e dall’Agenzia internazionale per la
ricerca sul cancro dell’OMS nel 2002. Recentemente, l’Agenzia per la protezione
dell’ambiente della California ha classificato il fumo di tabacco un inquinante tossico dell’aria.
Inoltre, è stato classificato come
agente cancerogeno sul luogo di lavoro dai governi finlandese (2000) e
tedesco (2001).
A livello europeo ancora oggi, però, il
fumo passivo (assimilabile a una miscela di più sostanze) non è classificato
come preparato cancerogeno, in base alla Direttiva sui preparati pericolosi
(1999/45/CE), nonostante il Parlamento Europeo abbia invitato nel 2005 la
Commissione delle Comunità Europee a presentare una proposta di modifica del
quadro legislativo vigente al fine di classificare il fumo ambientale da tabacco
come cancerogeno sui luoghi di lavoro.
Nel Libro Verde della Commissione delle
Comunità Europee si asserisce che i locali per fumatori chiusi, con impianti di
aerazione separati, riducono solo in misura marginale l’inquinamento da fumo
ambientale negli esercizi di ristorazione e in altri ambienti interni.
Quindi il solo modo efficace di
eliminare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione al fumo passivo
sarebbe quello di vietare il fumo negli ambienti interni, come affermato dall’OMS e
dall’ASHRAE nel 2005 e anche con il documento del 2010. Tra l’altro i
locali riservati ai fumatori sono costosi, richiedono una complessa
infrastruttura di ispezione e controllo, sono difficilmente realizzabili dai
piccoli esercizi e quando sono in funzione spesso non rispondono ai requisiti
stabiliti dalla legge, esponendo a sostanze nocive i lavoratori che in essi
prestano opera [7].
Valutare il rischio del fumo da tabacco
Il Datore di Lavoro è tenuto ad
assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro e a proteggere la salute dei
lavoratori prevenendo l’insorgere di patologie da lavoro, quindi la valutazione
dei rischi in azienda deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori (art. 28, comma 1 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.),
compresi quelli che non derivano dai soli processi produttivi (es. presenza di
fumo di tabacco).
In base all’art. 15 del D.Lgs.
81/2008 e s.m.i., le misure generali di tutela della salute e della
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, riguardano innanzitutto:
§ l’eliminazione dei
rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione
alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
§ la riduzione dei
rischi alla fonte;
§ la limitazione al
minimo del numero dei lavoratori che sono o che possono essere esposti al
rischio;
§ la priorità delle
misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
§ l’informazione e
formazione adeguate per i lavoratori;
§ l’uso di segnali di
avvertimento e di sicurezza.
Il fumo passivo è formato da agenti
chimici pericolosi e deve essere incluso nella valutazione dei rischi in base
al Titolo IX, Capo I del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.“Protezione
da agenti chimici” e in particolare al comma 1, lett. b, punto 3 dell’art 222. Appare
evidente la necessità di valutare i rischi per la salute dei lavoratori che
potrebbero trovarsi, anche per brevi periodi, ad operare nei locali riservati
ai fumatori tenendo conto della capacità di abbattimento dei fumi da parte dei
sistemi di ventilazione, del numero di fumatori presenti, della quantità di
tabacco fumato, del periodo di esposizione del lavoratore, ecc.
Come agente cancerogeno il fumo passivo
ancora non rientra nella classificazione europea delle sostanze cancerogene di
categoria 1 e 2 (anche se dal 2002 è stato riconosciuto dalla IARC come cancerogeno
certo per l’uomo), quindi l’applicazione del Titolo IX Capo II “Protezione
da agenti cancerogeni e mutageni” del citato decreto risulta non
obbligatoria non essendo “il fumo passivo” neppure una sostanza prodotta
durante un ciclo lavorativo o un preparato o un processo di cui all’Allegato
XLII, o una sostanza o un preparato emessi durante un processo previsto
dall’Allegato XLII dello stesso decreto legislativo. Tuttavia, è da considerare
che dal 2008, sulla base della classificazione IARC, il tumore polmonare
da esposizione a fumo passivo è stato incluso nella Lista I delle malattie
professionali per le quali è obbligatoria la denuncia: “malattie la cui origine
è di elevata probabilità – Gruppo 6: Tumori professionali” e che oggi è ancora
incluso nel D.M. 10/06/2014. Quindi
il Datore di Lavoro, in modo cautelativo, potrà fare una valutazione mirata e
prendere le dovute precauzioni assimilando il fumo passivo ad un cancerogeno.
Infine, viste la normativa vigente che impone al Datore di Lavoro di
ridurre al minimo l’esposizione ai rischi lavorativi, le evidenze della
cancerogenicità del fumo di tabacco, la mancanza di livelli di esposizione
sicuri, l’ingente spesa per i locali per fumatori (costruzione e manutenzione)
e la politica europea, l’unica soluzione di tutela appare l’adozione di
ambienti di lavoro liberi dal fumo al 100%, con il divieto di ingresso dei
lavoratori nelle sale per fumatori finché i rischi per la salute non vengano
abbattuti o ridotti a livelli irrilevanti per la salute.
Infine ricordiamo il parere
interpretativo del Ministero della Salute – Dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione (DCOM
0000705-P-17/06/2010) riguardo la sua Circolare del 17/12/2004 in
tema di disposizioni in materia di tutela dal fumo passivo nei luoghi di lavoro (locali chiusi pubblici e privati
dove è possibile adibire sale per fumatori e dove possono prestare servizio i
lavoratori) indica che
… nei locali per fumatori, anche nelle
situazioni sopra descritte che vedano la presenza temporanea di lavoratori, non
possono in nessun caso essere previste attività che comportino la presenza
continuativa di lavoratori, né che obblighino i clienti non fumatori
all’accesso al fine di usufruire dei servizi offerti dalla struttura
…”…omissis…”…la presenza di questi lavoratori deve essere temporanea e
supportata dalla valutazione di tutti i rischi (in particolare di quello
chimico) in base D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. anche se i locali rispondono ai
requisiti di legge.
Fonte: Inail
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