L’art.
9 della L. n. 123/2007 ha introdotto nel D.lgs 231/2001, l’art. 25-septies che
estende la responsabilità amministrativa
degli enti ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o
gravissime commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla
tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.
In
caso di infortuni gravi, quindi, l’azienda non corre solo il rischio di incorrere
nelle responsabilità civile e penale tipiche della materia, ma anche ad
ulteriori sanzioni del D.lgs n. 231/2001 per non aver predisposto e attuato un modello idoneo di
Organizzazione, Gestione e Controllo.
Il
soggetto attivo di reati può essere
chiunque debba osservare o far osservare le norme di prevenzione e protezione,
ovvero il datore di lavoro, i dirigenti, il preposto, i soggetti delegati e
naturalmente i lavoratori.
L’elemento soggettivo consiste nella colpa specifica, ovvero nella volontaria inosservanza della
normativa.
Il
delitto infatti è colposo quando l’evento, anche se
preveduto ma non voluto dall’agente, si verifica a causa di inosservanza
normativa
.Anche
se l’art. 2087 del c.c. impone al
datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità
del lavoratore, ma non deve comunque intendersi come un obbligo generale,
altrimenti la responsabilità del datore di lavoro sarebbe automatica al
verificarsi di un danno.
E’
necessario, invece, adottare tutte le misure
tecnicamente possibili e concretamente attuabili, alla luce dell’esperienza
e delle più avanzate conoscenze tecnico-scientifiche.
In
pratica, occorre far riferimento alle misure che nei diversi settori e nelle
particolari lavorazioni corrispondono ad applicazioni tecnologiche praticate ed
accorgimenti generalmente acquisiti.
Quest’obbligo
non deve avere natura statica, ma bensì deve intendersi in maniera dinamica attuando un’adeguata formazione ed informazione ai lavoratori sui rischi propri dell’attività
e sulle misure idonee per evitare i rischi.
Deve
esserci, infine, il nesso di causalità con lo svolgimento dell’attività
lavorativa. Infatti la condotta abnorme
del lavoratore, vale a dire strana e imprevedibile è da ritenersi fuori da ogni
possibilità di controlla da parte di qualsiasi misura di prevenzione.
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